L’importante legame intestino-cervello

  • Dott.ssa Daniela Benvenuti

L’intestino è stato a lungo ritenuto una parte poco nobile del nostro organismo, deputato all’assimilazione e smaltimento del cibo.

Ora, una nuova linea di ricerca ha messo in evidenza come l’intestino tutt’altro che passivo e sia strettamente legato al cervello.

Soltanto negli ultimi 10-15 anni si è scoperta con certezza la connessione diretta tra intestino e cervello (tanto che l’intestino viene chiamato “il secondo cervello”). Però era ormai da diversi decenni che i ricercatori avevano cominciato a orientare i loro studi sulle relazioni esistenti tra la flora intestinale e la nostra salute fisica e mentale. Quando l’intestino sta bene, anche l’individuo ha una sensazione di benessere, mentre uno squilibrio a livello intestinale incide negativamente sull’equilibrio mentale. Basti pensare a come ci sentiamo quando siamo costipati, piuttosto che dopo un buon pasto. La sensazione di benessere mentale cambia notevolmente. Quante volte abbiamo sentito dire “sento le farfalle nello stomaco”, “me la faccio sotto dalla paura”, “ho lo stomaco chiuso dalla rabbia” ecc.

Secondo la medicina orientale, l’intestino controlla la memoria e le emozioni ed è un chakra energetico, mentre la medicina occidentale ha riconosciuto a questo organo il ruolo di ‘secondo cervello’, con i suoi 100 milioni di neuroni che interagiscono e condizionano il funzionamento mentale.

L’intestino produce importanti neurotrasmettitori - sostanza che serve per far comunicare i neuroni tra di loro - come l’acetilcolina, le catecolamine, il Gaba e la serotonina, responsabile delle sensazioni come la serenità, la piacevolezza e l’appagamento.

Quando abbiamo mal di pancia, ci sentiamo male e di cattivo umore, poichè l’intestino produce fino al 90% della serotonina, mentre la restante parte viene prodotta dal cervello.

Inoltre, l’intestino ospita il 70% del nostro sistema immunitario. Insomma, un intestino che lavora bene è un ottimo alleato per il nostro benessere mentale.

Ma si può intervenire sull’intestino per farlo funzionare meglio?

Le ricerche scientifiche dicono di si. Intervenire sull’intestino permette di modificare la salute psichica di persone che soffrono di ansia o depressione, ma anche su persone sane, con effetti benefici e preventivi. Alcuni batteri specifici, chiamati psicobiotici, possono significativamente influire sull’umore e sullo stress

Psicobiotica è un termine coniato recentemente e fa riferimento al rapporto tra mente, batteri e intestino.

L’organismo umano fin dalla nascita è abitato da una vasta gamma di microrganismi (batteri, funghi, archeobatteri, protozoi e virus) che vivono e colonizzano le superfici corporee esposte, le mucose comunicanti con l’esterno e soprattutto il tubo digerente, dove svolgono le funzioni principali. Questo insieme di microrganismi, in passato chiamato con il termine di “flora batterica” o “flora intestinale” perché in tempi remoti i batteri erano ancora poco conosciuti e venivano considerati alla stregua di piante, è stato recentemente denominato Microbiota.

Quindi il microbiota intestinale è uno degli elementi fondamentali di tutto l’ecosistema intestinale. Quest’ultimo, infatti, comprende tre componenti: la barriera intestinale, che è un filtro molto selettivo e importante per il benessere dell’intero organismo, una struttura di tipo neuroendocrino oggi chiamata comunemente “secondo cervello” e, infine, il microbiota intestinale che, pur non essendo un vero organo perché funzionalmente ci appartiene anche se non dal punto di vista anatomico, da sempre ci accompagna nell’evoluzione filogenetica e che è costituito  prevalentemente da batteri, oltre a lievitiparassiti e virus. Quando queste comunità vivono in equilibrio vi è una condizione definita di eubiosi. Questa è molto importante perché permette alle varie componenti del microbiota intestinale di essere funzionalmente efficaci e soprattutto di essere sincronizzate sia tra loro, sia con gli altri componenti dell’ecosistema intestinale.

È innanzitutto necessario sottolineare che il microbiota intestinale è legato all’età: l’organismo cerca da sé di mantenere un equilibrio adeguato della composizione microbica, soprattutto nella fase centrale della vita. Nei primi due anni, quindi nella tarda e nella prima infanzia, questo equilibrio è molto più instabile e viene addirittura a mancare negli anziani, nei quali assistiamo a variazioni significative del microbiota. Ma anche negli adulti il microbiota ha piccole variazioni giornaliere, condizionate soprattutto dall’alimentazione.

Inoltre, fra gli elementi che contribuiscono a modificare l’equilibrio e la composizione del microbiota bisogna annoverare anche le componenti farmacologiche. Infatti, larga parte della popolazione assume farmaci in modo cronico e questo contribuisce a variare profondamente il microbiota

Secondo una linea di studi, quindi, una alterata composizione del microbiota intestinale potrebbe svolgere un ruolo nello sviluppo della depressione. Al tempo stesso, la ricostituzione di un equilibrato patrimonio batterico può rappresentare un obiettivo per la prevenzione e il trattamento di tale disturbo.

Alcune ricerche sembrano confermarlo. Quindi l’intestino si comporta come un enorme organo sensoriale, alimentando costantemente il cervello con le informazioni. Ne deriva la rapida crescita di nuove strategie terapeutiche per il trattamento di disturbi psichiatrici che puntino al microbiota intestinale. La International Society for Nutritional Psychiatry Research nel 2015 ha pubblicato uno studio che indica quali sono le sostanze nutritive che aiutano a prevenire e ad alleviare alcune alterazioni mentali come depressione e ansia. In questa lista di sostanze troviamo gli acidi grassi omega 3, le vitamine del gruppo B, il triptofano, il magnesio e lo zinco

Dott.ssa Daniela Benvenuti
Psicologo Padova e Feltre


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